Testo pubblicato in "Corposcritto" 5 (2004), accompagnato da 4 riproduzioni in bianco-nero dal titolo: "Variazioni nel corpo".

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Luciano Ponzio

SCHIAFFO AL MONDO IDOLATRICO

 

"Su un piatto tondo tondo in porcellana reale

posa una mela

E dinnanzi le sta

un pittore della realtà

cerca invano di dipingere

la mela com'è

ma

lei non ci sta

la mela ha qualcosa da dire

[...]"

(Prévert, Promenade de Picasso)

 

 

 

Il mondo imbecille degli idoli si rivela come sapiente assassinio degli oggetti nonché criminale sistema basato sull'identità. Attori del proprio ideale e corteggiatori della realtà, sempre più calati nella quotidianità concreta, fanno a gara per porre le cose come oggetti della propria manipolazione.

Per una filosofia della semiotica globale, la pittura non sfugge al reticolo di segni che da un capo all'altro percorrono il mondo. Nella concezione moderna di "testo", la pittura, come complesso segnico, è scrittura. La pittura è scrittura che si legge in modo combinatorio e non successivo.

La pittura non è sistema di trasmissione. Lungi dalla pretesa di riferire l'oggetto, la pittura è scrittura non strumentale, è scrittura infunzionale, gioco insensato. Ciò che unisce il pittore al semiotico è lo studio del muoversi del segno nel campo della significanza, cercando di prevederlo in tutta la sua vastità ed estensione.

L'arte in generale, e la pittura in particolare, sono luoghi privilegiati del segno iconico. La pittura è disoccultamento del segno iconico, segno vivo capace di inventiva e innovazione rispetto al morto segno idolatrico.

Se il mondo degli idoli vuol dare a vedere, dare sempre qualcosa in pasto all'occhio, la pittura invita, invece, a deporre lo sguardo come si depongono le armi e a sottrarsi alla signoria dell'organizzazione "logica".

Rimettere in gioco l'oggetto significa rimettere in moto il mondo.

L'arte va sempre al di là dei suoi momenti di servizio. Per l'artista è venuto il tempo di spezzare la solita routine dell'arte commerciale e lanciare la pittura in una vita nuova. L'arte non deve aderire al mondo — tutt'al più è la vita a dover seguire la visione proposta dall'arte.

L'arte pone in stato di sospensione l'ovvietà del mondo idolatrico e la sua ostentata oggettività, intesa come sistema razionale, organizzazione rassicurante per dominare e padroneggiare le cose. La pittura è spazio supposto, gravitazione di segni, e si affaccia su nuovi mondi possibili altrimenti sacrificati.

Nel perfezionamento continuo del senso e nella delucidazione infinita della parola, il nome non esaurirà mai l'oggetto. Anche la parola, benché incaricata di rappresentare, brancola intorno all'idea di significare. I vocaboli sono insussistenti, se si vuole, paradossali silenzi. È il limite della lingua. Il senso che sfugge come la tartaruga che sfugge, nel suo muoversi fissato, all'insistente inseguimento di Achille.

La pittura non è spettacolo, non è un surrogato della vita ma concezione del mondo. La pittura, avventurosa e di ricerca, disorienta la conoscenza con associazioni pigre, oltrepassando i ritornelli del passato, il melodismo corrente, il quadro della rappresentazione.

L'artista evita di produrre la massa, scansa gli effetti d'assieme, le identità, le unità corporali raffigurando porzioni d'oggetti, ritagli incompiuti, frammenti di mondo.

L'artista abbandona le certezze dell'ottica ordinaria portandosi fuori dall'oggetto e dal suo senso immediato. Egli non guarda le cose più a lungo del dovuto perché esse rimarrebbero inesorabilmente impietrite come sotto lo sguardo di una Gorgone.

Vita e Arte come alternanza illusoria tra Palingenesi e Apocalisse. L'arte è fremito di senso (panico nella figura emblematica di Pan), perdita di controllo, vacillamento e perturbamento di un mondo chiuso orgogliosamente in se stesso e imbalsamato nell'identità distruttiva, la cui massima espressione è l'orrenda e schifosissima guerra.

Sarà sconosciuta l'oppressione dell'identità? L'artista differisce dagli altri uomini perché non conosce tale oppressione. Solo liberando l'oggetto dal mondo degli idoli e mettendolo al servizio degli inventori si potrà riconoscere l'identità come una sopravvivenza del vecchio mondo dell'oppressione, perché il futuro del mondo dipende dalla visione artistica differita e altra, visione che non procede mai di pari passo con la contemporaneità.

L.P.

Lecce, 2004

 

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