Testo pubblicato in "Athanor" – Tra Segni (1999-2000), accompagnato da 7 disegni in bianco e nero dal titolo "Intersezioni". Il testo è stato successivamente esposto come manifesto artistico alla mostra personale dal titolo "Differenza e Differimento" tenutasi presso la Galleria "Spaziogiovani" del Comune di Bari (11 gennaio-11 febbraio, 2001).

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Luciano Ponzio

IL DIFFERIMENTISMO

Annotazioni per un nuovo spostamento artistico

 

"Segni che differiscono,

non segni di differenza!"

 

 

Conseguenza diretta del mercato mondiale e della comunicazione globale — due aspetti indissolubili dell'attuale forma sociale — è la cancellazione delle differenze. Viviamo nell'era dell'omologazione.

Tutto ciò che fa parte dell'attuale, a livello urbanistico, nel campo della moda, per ciò che concerne gli utensili, il mobilio, i mezzi di comunicazione, gli ambienti della vita quotidiana (abitazioni, uffici, parchi, luoghi di divertimento, discoteche, aeroporti, autostrade, aree di servizio, stazioni ferroviarie, automobili, telefonini, computer, ecc.), non ha più nessun segno differente.

In questo continuo appiattimento e continua omologazione del mondo, l'universo segnico si è impoverito sempre di più.

La differenza messa in crisi ricorre ad un'affermazione sempre più parossistica dell'identità, e si aggrappa a più o meno desueti segni appartenenti al passato (tradizioni, radici, etnie, origini linguistiche, religioni, ecc.) impiegandoli ostinatamente per segnare differenze in difesa di identità cancellate dall'omologazione.

I segni di differenza hanno un evidente carattere distruttivo, la cui massima espressione è la guerra.

È di enorme importanza, un'importanza vitale, dare vita a nuovi segni differenti da contrapporre all'omologazione dilagante e ai segni morti delle illusorie differenze.

L'artista più di tutti ha il compito di creare segni differenti, differenti prima di tutto da quanto è funzionale all'omologazione del mercato e della comunicazione globale, in questo senso capaci di differimento, di rinvio al di là dell'attuale, arricchendo e rinnovando continuamente sia l'arte sia la vita.

L'artista per vocazione sa porsi al di fuori dell'attuale, della contemporaneità così da rimanere immune da questa omologazione e refrattario all'inganno dei segni di differenza.

Artista è appunto colui che sa situare la sua attività di ricerca fuori dalla contemporaneità, colui che differisce, che non resta prigioniero dell'attuale, colui che "non soltanto dall'interno partecipa alla vita (pratica, sociale, politica, morale, religiosa) e dall'interno la comprende, ma che anche l'ama dal di fuori, in un'attività extralocalizzata e avulsa dal senso" (M. M. Bachtin).

L'artista, ponendosi fuori della vita senza però rimanervi indifferente, potrà vincere tutto ciò che, altrimenti, lo omologherebbe, circoscriverebbe, che ne ridurrebbe la forza, la creatività artistica espressiva così, come lo sguardo indiretto di Perseo attraverso il riflesso dello scudo, vinse la pietrificazione di Medusa. L'artista potrà così arricchire l'arte e la vita di segni nuovi e differenti che convivono fra di loro in un comunanza utopica all'interno di un pluriverso segnico infinito.

L'arte non è di questo mondo, anche se intensamente in questo mondo vive, non si lascia rinchiudere in questo periodo storico che la limiterebbe e ridurrebbe la forza del suo atto a un tempo piccolo.

L'atto artistico, l'opera, vive in un tempo grande e guarda a uno "stesso" fenomeno nelle sue molteplici tonalità, accentuazioni e risonanze.

Un affrancamento dal visto, dal vissuto, dal fatto, dal precostruito, dall'artefatto.

Segni avulsi dal significato monologico così come tutta l'arte è avulsa dalla rappresentazione, libera da ogni classificazione, ruolo, funzione, appartenenza; un'arte libera costituita da segni nuovi, differenti, capaci di differimento oltre le omologazioni e oltre le illusorie e distruttive differenze identitarie — segni che dialogano tra loro, aperti ad ogni significato, equivoci, interpretabili e non interpretati, segni iconici e non idolatrici, segni raffiguranti e non rappresentanti, segni d'immaginazione e non d'immagine, segni dinamici nell'interpretabilità e nell'interrogatività del dialogo e non statici e chiusi in un significato precostruito e imposto.

L'arte può essere "risvegliata" dal differire dei segni, risvegliando a sua volta tutta la vita e sottraendola al processo di omologazione dominante.

Il pluriverso dei segni artistici non può essere omologato, eguagliato, appiattito, se non con il proprio definitivo annullamento.

Dall'invenzione e dalla creazione di nuovi segni differenti, derivanti da mondi differenti e da modi differenti di idearli e di interpretarli, nasceranno altri nuovi segni in un infinito pluriverso di segni, unica vera fonte di ricchezza e rinnovamento dell'uomo e della vita.

L'idea — utopica — è quella dello spostamento verso una Babele felice, in un mescolamento delle differenze in cui esista non una sola parola, un solo linguaggio, ma una produzione infinita di nuovi linguaggi capaci di differimento.

L.P.

Bologna, 2000

 

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