Testo reso pubblico al Convegno Internazionale "Comunicazione, Interpretazione, Traduzione", Bari 16-18 febbraio, 2006. Una versione riveduta e corretta è stata presentata in occasione dell'esibizione di una quarantina di dipinti e disegni in una mostra personale intitolata "Contraidola. Semiografie della Pittura", introdotta da Dario Dellino (Associazione culturale "Gramigna" a Bari, dal 22 marzo al 9 aprile 2006).

english version

 

Luciano Ponzio

FUORIRIGA

Omissione di "realtà" e "realtà esibita"

Caravaggio, Medusa

olio su tela montato su scudo di legno

1592-1600 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

 

“Se un fotografo si mette su

questa via di  recupero di tutta

la realtà che gli passa sotto gli

occhi, per lui l’unico modo di

agire con coerenza è di andare

fino in fondo: da quando apre gli

occhi al mattino a quando va

a dormire, scatti almeno una

foto al minuto, fotografi tutto,

ci dia un fedele assoluto journal

delle sue giornate. Fino al

momento in cui non diventerà

pazzo. Perché come nel tenere

un diario e in genere nella

letteratura autobiografica, così

nella fotografia – insomma in

queste cose che sembrano il colmo

del rispecchiamento della

realtà, della sincerità, della

razionalità chiarificatrice, – c’è

sempre in agguato un tentacolo

di pazzia”

(Italo Calvino, La follia del mirino, in Il Contemporaneo, p.12)

 

 

Se l’artista-pittore ha per primo scrutato il mondo, lo ha descritto nell’insistente tentativo di avvicinarsi alla “realtà”, alla ricerca di annodare con tratti i contorni immaginari con cui delimitare e circoscrivere gli oggetti al fine di dare loro una sistemazione razionale, si è ormai da tempo accorto che, ogni qual volta gli era sembrato di essere sul punto di raggiungere una rappresentazione soddisfacente, saltavano immancabilmente fuori dalla varietà e molteplicità del mondo ulteriori particolari, eccedenze che hanno rimesso in discussione tutte le regole a cui era appena giunto.

Innamorato in maniera fanatica e ossessionante di una realtà da corteggiare e catturare, anche l’artista-fotografo ha dovuto mettere fine alle "foto delle vacanze"! L’artista-fotografo – “fotocronista” dalle mille definizioni che si perdono nella notte dei tempi, come “tiratore scelto”, “cacciatore” o “predatore” della realtà –, per eccellenza colui che detiene la possibilità di prendere possesso della giornata trascorsa (“L’avventura di un fotografo” di I. Calvino), colui che, trattenendo il respiro, tenta di mettere in linea di mira il mondo iniziando a mitragliare fotograficamente ciò che lo circonda pur di immortalare in fretta l’inafferrabile sfuggire della vita, si è accorto che quest’ultima immancabilmente gli sfugge senza posa. Checché se ne dica, paradossalmente, pure la fotografia è battuta in velocità: un soggetto, fotografico o meno, non viene mai alla luce restituendo la sua identità e, la vita, d’altra parte, non resta certo in posa per farsi cogliere in flagranza neanche per il fotografo più lesto in cerca di qualche scatto dal vivo catturato in un istante.

E dal momento in cui ogni regolazione del mondo è sembrata una sconfitta, l’artista in generale non persevera più nel tentativo di rincorrere, di organizzare e descrivere la realtà, anzi, s’autorizza ad intervenire di diritto in una nuova ricerca senza fine, ricerca orientata ad estendere – e non più a delimitare – i limiti e l’inerzia sintattica della conoscenza umana, avventurandosi, come un esploratore coraggioso, verso terre diametralmente opposte a quelle già conosciute, terre antipodiane, le quali, benché irraggiungibili, vale sempre la pena cercare di raggiungere.

Ma se ancora a molti sembra di afferrare la gloria per la coda, gli stessi dovranno presto ricredersi se non vogliono rimanere per sempre piallati in una vita rumorosa dalle abitudini ordinarie, impaginati nel catalogo di segni convenzionali che reggono le condizioni e le norme di una realtà sfacciatamente “realistica”: una realtà incapace di rendersi garante della validità perenne della propria esibizione. Tant’è che ogni giorno che nasce, per l’uomo medio, sarà sempre e solo un giorno in più da superare – "Mi sento male: è di nuovo Natale!"

Insolente realtà, così smaccata, così freddamente idealizzata. Urtante realtà, mistificazione collettiva, enorme bugia per sviare il ricercatore. Una realtà assoggettata a questa legge non può che essere criticatamente sbeffeggiata, elusa e derisa, sempre TRASGREDITA.

Ma quale è il tempo dell’arte della scrittura? Difficile essere, in qualsiasi epoca, più controcorrente dell’artista – non basta disorientare la storia dell’arte! Stupire, schernire, offendere, disprezzare: bisognerebbe sorprendere lo stato delle cose, compiendo infrazioni che non hanno ancora nome; e poiché il testo artistico non è oggetto di giudizio, dal momento che nulla nella scrittura si lascia distinguere o designare, lo stato sarà sempre impotente nei suoi confronti.

E tu uomo, hai fatto un giorno niente?! Qualcosa di non terrestre? Suvvia, dì qualcosa fuori dalla folla! Qualcosa di non riconosciuto in un’attività cieca e gratuita? Dei disegni letterari o della scrittura dipinta? Qualcosa che porti al rovesciamento del codice di comportamento convenzionale, al di fuori del carillon della vita quotidiana?

Pur di scrivere daccapo questo mondo, si è pronti a mandarlo al sovvertimento?!

MONDACCAPO!

Il testo artistico è stato il primo a insorgere contro le regole di una realtà fittizia e illusoria, dimostrando con le sue opere la fallacia di ogni rappresentazione come culto superstizioso di una immagine da non perdere – costi quel che costi, guerre ripugnanti comprese! Dal trionfo ingannevole del sistema capitalistico e dalla condanna alla condizione di uniformità – a scuola si è inquadrati secondo l’età, al servizio militare, secondo la statura – soprattutto in rapporto alla divisione del lavoro come unica possibilità di sostentamento, l’artista si tira fuori. La facoltà semiotica che lo caratterizza, permette all’artista di superare ogni denominazione e dominazione convenzionali – note da tempo e, quindi, venute a noia! – che vogliono ricoprire fenomeni diversi in unità lessicali, più comprensibili ai critici-recensori e comodi per archivi e dizionari – ma è troppo facile sbarazzarsi dell’artista con la sua biografia!

Per l’artista non c’è tema o compito che possa esser assegnato dal di fuori (su ordinazione dei clienti!): il suo metodo è dato sempre e solo dalla propria ricerca della visione. Giacché non sa come finire i quadri e non conosce il mestiere di pittore, egli rifugge ogni artefatto – o artificio che uccide – dichiarandosi contro il potere moderno della specializzazione settoriale della singola disciplina: non altro che un contegno senza passione che lo allontanerebbero inesorabilmente dall’attività di ricerca, dal lavoro, dalla meditazione e dalla visione fuori dal mondo articolato. Contrariamente, continuando a omaggiare il “moderno” infatuandosi del feticcio, non si farebbe altro che chiudere il tocco dell’artista in forme monotone, fisse e logore nella “modernolatria”.

Da una parte, gli artisti mostrano particolare attenzione per una visione infunzionale, per il segno iconico, per ciò che è altro, per l’extra, per il parergo, per la casualità dell’accidenti, per ciò che si lascia generalmente fuori dall’inquadratura, e, in questo senso, optatando per una responsabilità senz’alibi come principale elemento dell’arte – e che, per questo, tutto sommato, saranno pur sempre considerati non sospetti a sovversioni e sbadati innocenti –; dall’altra, invece, tutti coloro i quali si son fissati in responsabilità professionali, settoriali, di ruolo, in responsabilità ridotte – ma spesso causa dei mali peggiori! –, sono rimasti, senza preoccuparsene più di tanto, imbottigliati nell’identità rappresentazionale, come chi perennemente concede l’occhio all’abitudine.

Se tutti gli artisti che hanno operato dei cambiamenti, sia pur parziali, dei sistemi semantici convenzionali venivano inizialmente derisi e dichiarati come insensati, in un secondo momento, i loro testi artistici si rendono oggi lungimiranti e comprensibili, non tanto per via di un abbassamento del livello intellettuale introdotto, piuttosto perché i lettori impreparati hanno dovuto misurarsi nel confronto, fare i conti e sollevare loro stessi all’altezza di un testo illegittimo e privo di destinazione.

La scrittura è visione, una visione che cade contemporaneamente su diversi oggetti del mondo e li rende d’un tratto frammenti e abbozzi che sanno, a loro volta, come scompigliare le norme di ogni metro ordinario appartenente ad una realtà incline alla cacofagia. Pertanto, per la sua potenziale visione, una scrittura che sappia imbattersi nell’infunzionalità è, oggi più di ieri, una necessità. È la resa di una scrittura a cielo aperto, una scrittura che meriterebbe di essere letta fuori del suo modo più restrittivo di utilizzo “moderno” come mera informazione-trascrizione – l’immagine più secca della scrittura che si vorrebbe consegnare ai posteri.

Non giocare sull’assurdo della scrittura facendo per prima a brandelli la lingua, intervenendoci su in maniera antigrammaticale, attraverso autonome associazioni semantiche o, addirittura, operando scelte polisemantiche, come fuori di senno, farfugliamenti, balbettii, singultii e stridii della lingua, misture bizzarre, assemblaggi di bisticci verbali, così che si possa autorizzare l’impossibilità di una scrittura imparlabile, la proliferazione infinita di senso, nonché la disarticolazione di ogni sintassi, significherebbe perseguire l’accettazione di una realtà in cui abbondano leggi, carceri e patiboli.

Qui la resa di un testo illeggibile che non può essere letto in nessuna lingua, un testo su cui non grava il potere della lingua e la lingua di potere e, tanto meno, gravavano le forze opprimenti del significato simbolico e quello indicale – il primo, sempre ideologicamente filtrato; il secondo, sufficiente per lo sguardo che si rappresenta il mondo.

Estranei e estratti dal contenuto, i segni a-referenziali, segni che sanno occupare spazi a sé stanti, segni che sussistono slegati e indipendenti dal “testo che fa testo” e che non s’accompagnano ai segni ideografici, ai segni abituali della ripetizione, necessitano, più d’altri, di un approccio di tipo semiotico.

Squarci di un testo artistico possono essere letti senza fine, senza trama, senza finale: uno spazio aperto a mutazioni che nell’intrecciarsi dei segni vengono a creare ogni volta nuovi differimenti di un’opera.

Il movimento dell’arte verso la vita che solleciti il dialogo può sempre e solo procedere dialetticamente, con una certa distanza – allontanarsi per comprendere meglio –, fuori da una standardizzazione mondiale degli oggetti. Solo così il testo artistico è in grado di rendere gli estremi della vita, i momenti eccezionali di quest’ultima, e non la sua apparente mediocrità quotidiana.

Si faccia della scrittura ogni qual volta si osservi un dipinto, violando il confine tra scrittura e pittura, cosicché il testo artistico possa mostrarsi come eterno tentativo d’avvicinarsi al mondo, al suo carattere sfuggente, all’iconico, attraverso la creazione di astrazioni, concetti e abduzioni – a cui si sono assegnate spesso patenti di scientificità: non è così grande l’abisso tra i metodi della scienza e quelli dell’arte – in una inesauribile e folle corsa verso la scrittura di un mondo sempre nuovo o possibile.

Ecco disteso sulla carta il miracolo di un testo fuordopera che renda al primo colpo d’occhio la gioia di una scrittura fuori di sé, fuori ruolo, fuori programma, fuori servizio, fuori da ogni regola e legge, musicalmente fuori testo – nel senso di andar fuori tempo –, teatralmente fuoriscena – non dietro le quinte, perché son di scena pure quelle! –, tecnicamente scollegato dall'unità centrale, fuori commercio, fuori dalla nitida regolazione della messa a fuoco di immagini correttamente inquadrate in un obiettivo fisso, filmicamente fuori quadro, una scrittura più vicina alla pittura, una scrittura che metta a soqquadro:

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

 

L.P.

Lecce-Bari, 2006

 

 

differimento.altervista.org - All Artworks by Luciano Ponzio 1999-2006 - All Rights Reserved - Use by Permission Only